Post date: Jan 14, 2012 4:40:34 PM
Della Citta' degli Angeli mi sono innamorata appena scesa dall'aereo. Raramente ho provato l'ebbrezza dell'amore a prima vista, ma la Citta' degli Angeli ce l'ha fatta. Soprattutto, la sua luce. La giornata infinita che si costruisce partendo di mattina e viaggiando diecimila chilometri verso ovest, costretti in una cabina d'aereo, esplodeva alle due del pomeriggio di un agosto di piu' di dieci anni fa nella luce piu' calda e surreale. Combinata con la stanchezza e la naturale sorpresa di occhi e corpo che aspettano la notte, risultava in una splendida vigile ubriacatura. Cominciammo col perdersi in direzione di Inglewood ancor prima di arrivare all'autostrada e arrivammo a Pasadena qualche ora dopo, tra il traffico e la mia inesperienza col cambio automatico. Di quei primi giorni ricordo le dimensioni. Tutto sembrava enorme, spazioso, luminoso: gli alberi, le strade, le spiagge, le macchine, le porzioni nei piatti.
Gli Angeli, li ho capiti molto piu' tardi, piu' o meno quando ho smesso di cercare di capirli. O quando ho smesso di cercare di spiegare questa citta' dalle persone che ci vivevano. Firenze e' dei fiorentini, Pisa e' dei pisani, degli studenti e dei militari, Los Angeles appartiene unicamente a se stessa. E cosi' grande com'e', compensa facilmente le nostalgie e i rimpianti con l'eccitazione delle novita', che uno non se ne accorge nemmeno. Adoro scoprirne i segni del passato, guardare vecchi filmati e fotografie di quando la San Fernando Valley era un immenso aranceto, o in fondo al Santa Monica Pier c'era una sala da ballo. Uno puo' scoprirne i ricordi in film, video, blog, social network, libri, cartoline, bancarelle di piccole fiere locali e soprattutto muri di negozi e ristoranti che intrattengono e incuriosiscono il cliente con qualche scintilla di passato. Poi vendono il presente.
Los Angeles cambia in fretta. Col mio breve decennio, gia' mi sorprendo a ricordare vestigia del passato come la Santa Monica Promenade piena di negozietti agli inizi degli anni 2000, Colorado Blvd in Pasadena prima di Paseo Colorado, il meraviglioso Toppers sulla cima del Radisson Hotel a Santa Monica, e le sue Happy Hours con caraffe di Margarita a $5 e cibo a volonta', che con la sua vista a 360 sul mare attirava coppie di studenti al primo appuntamento come cerchie di allegre anziane signore e combriccole i tutti i tipi, Paradise Sushi a Hermosa Beach e le sue improbabili decorazioni, ogni volta a scoprirne una nuova e a ridacchiare. Ma anche la prima visita a Hollywood e Highland con la brillante idea degli elefanti di Intolerance, la splendida architettura della Walt Disney Concert Hall, la rinascita di DownTown e i suoi suberbi loft, il Cirque du Soleil al Kodak Theatre, il geniale accostamento del Grove al vecchio Farmers Market. E tutti gli altri posti che continuiamo a scoprire ma che sono stati sempre li', come le case Vittoriane ad Angeleno Heights, McArthur Park, le miriadi di sentieri sulle montagne che conducono a viste meravigliose, i parchi disseminati ovunque, i ristoranti, i bar, i negozi, le spiagge. E onestamente, non mi sembra che siamo per niente vicino ad esaurirne le risorse.
Gli Angeli, c'e' chi li vede in cielo. Io li vedo che svolazzano ovunque, certo, sui tappeti rossi degli Oscar, ma anche seduti di fronte a Home Depot che aspettano un lavoro occasionale sottopagato, sempre col sorriso e mai incazzati. Come si fa ad essere incazzati quando c'e' sempre il sole. Pablo aspettava proprio li', quando Jim ando' a cercare qualcuno che ci aiutasse a pavimentare 10 metri quadri di terreno sotto il tiki bar. Noi avevamo tentato il fai-da-te con ottime intenzioni e fatica infinita di una domenica intera. Pablo fini' in una mattina, lo pagammo il doppio della cifra irrisoria che aveva chiesto, e Jim lo accompagno' alla metropolitana che lo riportava a casa. Era felice. Carmen veniva da Pasadena a organzzarci e pulirci la casa, una volta alla settimana. A malapena le avevo chiesto il cognome, era l'amica di una signora che lavorava per un collega. Lavorava con intelligenza, senza tirare via. Un giorno mi disse che non poteva venire perche'doveva fare l'esame della patente. Per oltre un anno, aveva rischiato e guidato per venire da noi. Non aveva assicurazione sanitaria, non tornava nel posto dove era nata da anni perche' non era sicura di riuscire a rientrare nel paese. In cambio di un po' di sicurezza, scambio' infine di malavoglia la Citta' degli Angeli conl'Arizona. Perche' c'e' da dire che lo zio Sam non e' che si occupi granche' dei suoi Angeli. Ma gli Angeli restano, e continuano a venire.
Tante volte gli Angeli mi sono sembrati superficiali, inaffidabili. Poi ho cominciato a pensare che non avessero i piedi abbastanza pesanti e con tante distrazioni, stessero solo svolazzando qua e la'. Ho imparato a guardare i piedi degli Angeli presto, appena conosciuti. E qualche volta, ho svolazzato anch'io. Ma la diversita' me l'hanno insegnata gli Angeli, anche quelli che non smettevano mai di svolazzare, e chissa' dove sono adesso. Spero che siano felici. Ho scoperto tanti Angeli meravigliosi, e sono convinta che ne scopriro' ancora.
Nella Citta' degli Angeli ci sono tante tante strade. Uno puo' prenderne una, poi tornare indietro, cambiare. Quando sono arrivata, avevo sempre la Thomas Guide in macchina. Adesso ho l'Android e Google Maps. E di strade, ne ho cambiate diverse. La cosa bella e' che non mi e' mai sembrato impossibile trovarne una nuova.
La Citta' degli Angeli mi ha presentato mio marito. Sul tetto di un edificio a DownTown, senza muri di protezione, una calda sera d'ottobre, alla festa di compleanno di una ragazza con un tatuaggio a forma di lacrima sotto l'occhio, che nessuno di noi due veramente conosceva. Ambedue eravamo li' per caso. I senzatetto erano stati assoldati per sorvegliare le macchine, l'ascensore, ad essere generosi, cigolava. Quintessenza del romanticismo urbano. Jim cercava di fare colpo raccontandomi di aver appena letto un libro di Feynman, io invece cercavo l'evasione da Caltech e volevo che mi racontasse dei suoi cartoni animati. In qualche modo ha funzionato comunque.
La Citta' degli Angeli ha visto nascere i miei figli. Una finestra della sala parto su Topolino, un'altra sul cielo e le montagne. Per festeggiare la nascita della prima, la citta decise di fare qualcosa di diverso e fece piovere a dirotto, per il secondo invece mi regalo' un parto veloce in una mattina limpida in febbraio: bisognava fare in fretta che c'era il SuperBowl. Spero che della loro infanzia ricordino la luce, il mare, i parchi, compreso Disneyland. Hanno pochi anni e hanno gia' visto capitali europee e citta' dell'entroterra americano. Sono Angeli genuini, perche' la diversita' non li spaventa e spero che non li spaventi mai.
Ho pensato a questo blog nel bus di ritorno dal lavoro, una sera di questo inverno angelino. Come spesso faccio, mi godevo le palme di fianco all'autostrada.