Post date: Apr 15, 2012 5:01:12 PM
Siamo anime urbane. E dell'urbe, ci piace la diversita'. L'altro giorno, torno a casa, e un pacco di Amazon mi aspetta sulla soglia, dimensione libri. Sorrido, chiedendomi quale scintilla abbia questa volta illuminato gli occhi e il click del mouse di Jim. Poi appoggio sul tavolo, e mi dimentico. Piu' tardi, passata l'ora di carosello, trovo sul letto la scintilla ormai spacchettata, cosi' apro e comincio a sfogliare "Walking LA, Second Edition".
Chi l'ha detto che a Los Angeles non si va mai a piedi? Errore stereotipato, come spesso succede, originato da premessa incorretta. La qual premessa sarebbe che Los Angeles e' un'unica citta'. Invece, a parer mio, qui di citta' ce ne sono parecchie. La differenza e' che noi Angelini originari e adottati, non ci spaventiamo all'idea di andare a trovare un amico, o di avere un lavoro in un'altra citta', psicologicamente ingannati dalla nomeclatura-ombrello, Los Angeles. Detto questo, gioco-forza, se ti dirigi a 40 km per una cena o per lavorare, a piedi non ci vai.
Ad essere onesti, siamo anche del tutto menomati da un trasporto pubblico che rasenta il ridicolo. In tutte le grandi metropoli, uno prende i mezzi pubblici perche' ci vuole meno, o poco di piu'. Qui si sta facendo qualche passo avanti, ma nella maggioranza dei casi, l'uso dei mezzi pubblici raddoppia se non triplica il tempo necessario. Ora, visto che l'ordine di grandezza e' piu' l'ora che il minuto, voi mi capirete che non ci siamo. Come Roger Rabbit ci insegna, c'e' da ringraziare in primo luogo General Motors e degni compari, che acquistarono, trasformarono in bus, c'e' chi dice addirittura con l'intento di sabotarlo, l'efficiente sistema tramviario che questa citta' possedeva fino agli anni trenta.
Ma noi non ci arrendiamo, e del camminare, invece di farne il mezzo, ne facciamo l'obiettivo. Los Angeles e' stracolma di meravigliose passeggiate, di tutti i gusti e le intonazioni, di ogni lunghezza e intensita'.
E qui torniamo a noi anime urbane e al nostro gusto per la diversita', quel gusto che ci fa scegliere la passegiata in Leimert Park, un angolo tranqullo -spergiura l'autrice del libro- di quel South Central di pericolosa fama.
Si preannunciano negozi di arte e cultura africana, vecchi teatri art deco, e un gettonato ristorante soul-food.
Cosi' ci dirigiamo fuori dall'autostrada in posti dubbi e mai visti prima, qualche bella casa art and crafts per la via, e quasi a destinazione, ci godiamo Martin Luther King Jr Blvd, arioso viale alberato con grandi case in stile coloniale spagnolo.
Forse il caldo, forse la stagione, non una gran folla su Degnan Blvd, che si suppone essere lo struscio principale. Ci domandiamo se valga la pena tenere conto del limite di parcheggio a due ore, o se si puo' presupporre che la polizia non circoli granche' da queste parti. Decidiamo comunque di pagare per le due ore al parchimetro, poi ci si ripensa. Io in realta' ho in mente di non pensarci affatto, e mi metto il cuore in pace - si fa per dire- quando vedo affisse sul vetro di un negozio un paio di locandine che ritraggono poliziotti "ricercati" per l'omicidio di qualcuno. Ma sono sicura che Jim invece ci pensera'. E guarda un po', ha ragione lui, dopo una mezz'ora passa il "parking enforment", incarnato in un'abbondante signora african-american, che saluta cordialmente al passaggio le negozianti .
Cominciamo a passeggiare e decidiamo di localizzare innanzitutto il ristorante, che s'e' fatta una cert'ora. Ma il suddetto non si trova all'indirizzo promesso dalla guida, e noi optiamo dunque per un giro veloce dell'isolato per vagliare le opzioni. Nel mentre, cominciamo ad assaporare i negozietti, pieni d'arte, souvenir e cianfrusaglie mescolate. Le negozianti ci accolgono cordiali ma non invadenti, i negozianti accennano un saluto, asciutti ma non scostanti. Come sempre siamo attratti da oggetti decorativi che non sapremmo dove mettere, tipo un enorme bambola con la pelle scura (con la pelle chiara non se vende nessuna) su cui Luna butta gli occhi, e una gigante scultura di un elefante. E poi murales, e musica. Si apre una porta di quello che sembra un negozio, note di jazz esplodono. Da quella che una volta doveva essere una vetrina, si intravedono i musicisti. Io vorrei entrare, ma siamo intimoriti dalle occhiate raggi-X del buttafuori. Procediamo allora verso il prossimo negozietto, dove chiediamo a due occhi sbalorditi dietro il banco se certi orecchini multicolori ci sono in versione clip, e finiamo per comprare dei sottobicchieri.
Chiediamo inoltre alla signora se sa del ristorante soul-food, si consulta con la collega, concludono che e' un po' e via che non c'e' piu', e sfogliano la nostra guida. Si adopranano a trovare soluzioni alternative per il nostro pranzo, concludendo che per il soul food c'e' un buon posto su Crenshaw, ma ci vuole la macchina, ma che a due passi c'e' un giamaicano niente male. Optiamo per quest'ultimo, e ci avviamo.
Non senza prima fermarci in libreria. Eso Won e' quel tipo di libreria, piccola ma ricca, nella quale spenderei ore. Viene da domandarsi se il maturo signore alla cassa che ha accennato un cortese saluto e ci ha lasciato in pace ad esplorare, non abbia selezionato i libri uno per uno. Sfoglio libri di fotografie, dirigo i bimbi nella sezione per loro -anche se sono un po' confusi da una varieta' differente da quella a cui sono abituati- e finisco per acquistare un libro sulla storia culinaria di New Orleans. Nel quale si delinea tra l'altro il fondamentale contributo della tradizione culinaria e dei ristoranti nella rinascita del dopo-Katrina. Non ci avrei mai pensato.
Al ristorante giamaicano, tutti ordinano al banco. Noi ci avviamo ad un tavolo per sedere i bambini e afferriamo un menu per guardare che c'e', un'altra cordiale signora accorre a prendersi cura di noi. Sorprendentemente, i pargoli non accusano il colpo per la mancanza del tradizionale kids-menu con burger, quesadilla e hot-dog, e si gustano la coscia di pollo col riso che la signora aveva premurosamente suggerito per loro. Noi, capra al curry e pollo jerky, di soddisfazione in qualita' e quantita'. Jim sorseggia con piacere una root-beer jamaicana che a me, come tutte le root-beer, sembra una lattina di detersivo.
Poi via per quattro salti al parco in fondo alla strada, tra gli alberi e i tamburi.
E l'ora di avviarsi. Saliamo in macchina, ripercorriamo Degnan Blvd in macchina. Dal retro, una voce bambina e pensosa osserva senza disagio che avevano tutti la pelle piu' scura della nostra. Sorrido e guardo l'orologio, quasi tre ore prima di accorgersene, a me a Jim c'erano voluti tre secondi. Per il futuro, ci sono speranze.
All'inizio dell'isolato successivo un cartello proibisce a chiare lettere il cruising. Chi non sa cos'e', si riguardi American Graffiti. Io rimango curiosa a figurarmi quel cruising da proibire.