Post date: Mar 24, 2012 11:58:51 PM
Ecco, giustappunto mentre pensavo di scrivere questo blog, Jim mi mette sotto il naso il Times di questa settimana, con la copertina "The Richer $ex". Che devo dire ci ho messo qualche secondo per capire dove si andava a parare, confesso che inizialmente ho pensato ad un ironico titolo per un reportage su qualche giro di prostituzione di lusso in un paese emergente. Insomma facciamola breve, sempre piu' donne sono il principale 'vincitore di pane' della famiglia. Curioso che non riesco a trovare un termine adeguato in italiano, dove 'capofamiglia' mi fa senso, e 'sostenitore principale' e' brutto alquanto. Il pane invece rende l'idea, anche se un po' cosparso di sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, e immerso nella coca-cola. Beninteso, succose statistiche allegate, ben condite di sondaggi, che non ve le infliggo anche se me le sono succhiate con gusto, pure e affettate a seconda di criteri demografici vari.
Insomma sembra pero' che, anche se per generazioni ci siamo fumate lo stipendo dei mariti in vestiti, profumi e gioielli (mi si conceda l'imbellimento oggettistico in quanto licenza poetica), e quelli manco dicevano bao, adesso ci pervade un sottile fastidio se il marito che sta a casa a badare la prole e cucinare le libagioni si concede senza permesso una mazza da golf o un biglietto in prima fila per la partita di basket, con i nostri soldi. E quasi quasi questa me la bevo.
Mi bevo anche che siamo piu' brave a complimentare il gentil consorte per i gustosi manicaretti, i gatti di polvere scomparsi da sotto il letto, i compiti dei bimbi fatti e controllati. Forse per senso di colpa dopo il forte scetticismo iniziale.
Sembra inoltre che ce la siamo raccontata per un po': l'eguaglianza, la parita', la divisione equa delle gioie e dei fardelli di tirare su la famiglia, appena ce la siamo trovata ad un passo, costruendo sulle spalle logorate delle nostre mamme e nonne che spesso hanno fatto doppio servizio, lavoratrice e organizzatrice della casa, alcune sostenute da tate e collaboratrici familiari, alcune no, insomma appena ce la siamo trovata ad un passo, ce la siamo lasciata scivolare di nuovo, o nella stessa direzione, o in quella opposta, dove alla casa e ai figli ci pensa principalmente lui. O nel 'singlismo', che non trattero' in questa paginetta.
Ora, in pieno stile paragmatico a stelle e strisce, se ne fa una questione economica, e che per far carriera e soldi bisogna lavorare tanto, e non e' possibile farlo tutti e due. Intendiamoci bene, non appertengo all'utopismo italico dei massimi principi e della negazione o demonizzazione delle motivazioni economiche. Gia' dato. Ora sono un po' meno ipocrita quando apro la mia busta paga. Pero', in questo caso, il denaro come movente unico non mi convince.
Infatti, la mia idea originale era di parlare delle aspirazioni e delle realizzazioni. Del lavoro non solo come fonte di sostenimento, ma come luogo dove esercitare doti ed esperienza maturati con anni di studio e di fatica. Quelle stesse doti che molte mamme e babbi che non lavorano si occupano con particolare energia di sviluppare nei figli, con un piu' che incomiabile coinvolgimento nella vita scolastica dei suddetti. Che non mi si pensi ingrata: i miei figli, di quel coinvolgimento, ne traggono ampio beneficio, e anche noi facciamo il possibile per supportarlo. A volte pero' sono un po' perplessa dalla prospettiva.
Ora ci sono donne e uomini che hanno naturale predisposizione per passare giornate intere con i bambini. Ci sono mamme e babbi pacifici che riescono con il tono della voce a calmare bambini urlanti, a non essere mai stressate, a mantenere una prospettiva adulta anche se immerse dalla mattina alla sera in una vita bambina. Sono doti eccezionali, vorrei che fossero le maestre e i maestri dei miei figli.
Pero', ad essere sincera, la maggioranza non mi da questa sensazione.
Premessso che e' una gran conquista che ognuno si scelga la vita che vuole., la cosa importante, a mio parere, e' mantenre una prospettiva e un senso della misura adulta. Un bambino puo' piantare una bizza per una bischerata, e va bene. Un adulto dovrebbe avere anche cose diverse di cui preoccuparsi e di cui parlare, un universo proprio, una dimensione nella quale nutrire una mente adulta, un luogo di realizzazione personale. A me senbra che questo, troppo spesso, manchi. Soldi o non soldi, lavoro o hobby che sia, qualcosa ci vuole.
Le madri di famiglia 0.1 dovevano essere principalmente madri. Le 1.0 lottavano con le unghie e coi denti per la possibilita' di un altro universo, identificandolo con il lavoro, chissa' se per necessita' o per rinforzarne il significato. Noi 2.0 ne stiamo inventando un po' di tutte, ma qualcosa non quadra.
Ci sono quelle che lavorano come e piu' del marito, che poi c'e' quella che le domanda: 'Ma tuo marito,aiuta?'. Ve lo dico sublito, se mi fate questa domanda, mi arrabbio. Si aiuta quando non si ha la responsabilita' in prima persona di qualcosa, ma si ritiene, in genere volontariamente e senza dover soddisfare aspettative, di voler collaborare. Qui invece si tratta di condividere, non ci lasciamo fregare. Non sta scritto da nessuna parte che sia la donna che lavora a dover organizzare le lavatrici e ricordarsi di pagare la classe di ginnastica, mentre il marito, altrettanto oberato dalle 9 alle 5, decreta invece che lui ha dato, e al massimo si trasforma in compagno di giochi per i pargoletti.
Ci sono quelle che stanno a casa ma il marito non ha un'idea di cosa sia, e pensano che stiano a li a girarsi i pollici. Ci sono quelle che stanno a casa ma le vedi annoiate e insoddisfatte. Ci sono quelle che i figli le dicono: perche' non mi vieni a prendere presto come le altre mamme. Ci sono quelle che davvero condividono col marito, ma poi alla fine sono stanchi morti tutti e due. Ci sono quelli con tate multiple a turni alterni. Ci sono quelle che lo fano perche'e e' la cosa migliore per i figli, e poi senza volere riversano addosso ai suddetti un barile infinito di frustrazioni, per la gioia dei testi canonici che le avevano suggerito di stare a casa. Ci sono quelle con lauree e dottorati, che hanno appeso tutto al chiodo. Ci sono quelle che passano la giornata su Facebook sbuffando se il figlio le chiede di giocare. Ci sono quelle che non ci sono mai. Ci sono quelle che discutono del cibo alla mensa scolastica e della pesantezza dei compiti. Ci sono quelle che il part-time e' l'ideale, poi quando il collega meno furbo che e' li' tutto il giorno le passa avanti, si disturbano. Ci sono quelle coi nonni efficienti, coi nonni invadenti, coi nonni troppo lontani. Ci sono quelle che si sono inventate un equilibrio decente, buon per loro. A me sembrano poche.
Passo accanto alla libreria in salotto e l'occhio mi cade sulle memorie della bisnonna, insegnante nella prima meta' del secolo scorso. Ne rileggo l'ultimo capitolo, dove una malattia la fa incontrare con il futuro marito, rinomato medico. "Cosi' da una febbre vado incontro alla mia sorte di donna", dice. Nonostante cio', la bisnonna Elina continuo' la sua carriera di insegnante, per quarant'anni ancora. Chissa' se, rispetto a lei, abbiamo fatto un passo indietro..