Post date: Feb 24, 2012 9:22:25 PM
Te ne sei andata in fretta, meglio per te. D'altronde lenta non sei mai stata. Una delle ultime volte che ti avevo parlato ti avevo chiesto se si occupavano bene di te, la' dove eri andata quando gli scalini di casa tua e la necessita' di non essere mai sola ti avevano spinto. Mi avevi risposto "Anche troppo!", e avevo pensato che eri sempre te, con le tue uscite sincere e a volte un po' brusche. Che magari non ti avrei rivisto, non ci avevo pensato. A primavera pensavi forse di tornare a casa, pensavi all'organizzazione, pratica come sempre.
Tante volte avevamo scherzato sul mezzo secolo quasi esatto che ci separava. Il prossimo aprile non ti vedro' novantenne, tu non mi vedrai quarantenne. Almeno hai fatto in tempo a vedere i miei figli. Anche a loro piaceva sempre venirti a trovare in estate, anche se ti conoscevano appena. Cercavano le more nei cespugli, guardavano le galline dei vicini, giocavano con i mille ammenicoli e coccini sparsi per casa tua. Anche per me e Jim era sempre un momento pieno e felice nella vacanza, che aspettavamo con gioia.
Quando ci sono troppi ricordi e troppe cose da dire non si sa mai dove cominciare. Per te comincerei dal sapore della mitica schiacciata appena uscita dal forno, o dalla tue infinite perle di saggezza senza fronzoli. Oppure dalle "bussate" della sera attraverso il muro della casa in via Vanini, che mi davano la tranquillita' necessaria per addormentarmi. Potrei anche cominciare dalle collane di perline, o dalle partite di briscola. Dal rumore della macchina da cucire, dai giovedi' pomeriggio quando uscivi e la casa mi sembrava vuota. Dall'immagine raccontata di te che scendi a piedi da San Martino a Firenze in tempo di guerra, con un sacco di patate sulle spalle.
Mi raccontavi che da piccola avevi cominciato a scavare una buca in terra. Tutti parlavano dell'America, e qualcuno ti aveva detto che il mondo era tondo. Tu avevi messo le cose insieme, e avevi cominciato a scavare per arrivare dall'altra parte. Piu' tardi, quando in America ci venni a stare, ti dissi di ricominciare a scavare la buca, oppure di prendere un aereo. Lo sapevo che non saresti mai venuta, pero' qualche volta ho fantasticato di vederti qui, dove abbiamo le coperte e gli asciugamani cuciti da te e con le trine all'uncinetto della Giusi. Ti dissi che mi sarebbe piaciuto se tu fossi venuta a guardare i miei bambini, rispondesti che eri troppo vecchia. Per me eri senza eta'.
Per riassumere la tua vita sentimentale citavi Orietta Berti: quando l'amore viene il campanello suonera'. Quando ero giovane io, dicevi tu, c'era la guerra: si vede che confusi il campanello con l'allarme e corsi nel rifugio. Come sempre, mi facesti ridere. Eri capace di non aspettarti niente, una dote rara. O forse non lo davi a vedere. Da grande volevi fare la sarta, e la vita contadina in cui eri nata non ti aveva permesso nemmeno quello. A otto anni gia' non andavi piu' a scuola, c'erano le capre da guardare. Dai quattordici anni dividesti la vita di famiglie altrui, soprattutto la nostra, che per me era anche la tua. Potrei scrivere tante cose di te e dei quindici anni che mi hai dedicato, i miei primi, e avrei sempre il sorriso sulle labbra, e il cuore pieno.
Domani, un grappolo di persone ti accompagnera' in vetta al poggio. Sara' come una delle tante passeggiate che facevamo insieme, ti fermerai a salutare i tuoi come sempre facevi, poi resterai li, a guardare San Martino come ci appariva a noi quando venivamo a trovarti, appena passata la curva.